IMPRESA ARTIGIANA ED AMMISSIONE AL PASSIVO FALLIMENTARE: I REQUISITI PER IL RICONOSCIMENTO DEL PRIVILEGIO

Con ordinanza n. 281/2021 del 22.12.2020, pubblicata il 12.01.2021, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione relativa ai requisiti necessari all’impresa artigiana per l’ammissione al passivo di una società fallita in via privilegiata ex art. 2751 bis, n. 5, c.c..

Per nostra memoria si rammenta che, ai sensi della disposizione sopra richiamata, hanno privilegio sui mobili “i crediti dell’impresa artigiana, definita ai sensi delle disposizioni legislative vigenti, nonché delle società ed enti cooperativi di produzione e lavoro per i corrispettivi dei servizi prestati e della vendita dei manufatti”.

Il caso.

L’intervento degli Ermellini si è reso necessario a seguito della proposizione, da parte di un’impresa individuale, di un ricorso avverso un decreto del Tribunale di Padova che, rigettando il reclamo avverso il decreto del giudice delegato del fallimento “Alfa”, aveva negato che la ricorrente, creditrice della società fallita, potesse essere considerata un’impresa artigiana.

Secondo il Tribunale, la ditta non aveva fornito nessuna prova in merito e, soprattutto, nella specie, il capitale investito risultava prevalente rispetto al lavoro in azienda.

Non potendo riconoscersi il privilegio ex art. 2751 bis, n. 5, c.p.c., l’impresa era stata dunque ammessa al passivo solamente in via chirografaria.

Nell’impugnazione così formulata dinanzi alla Suprema Corte, l’impresa ricorrente deduceva:

  • la violazione dell’art. 2751 bisc. in relazione agli artt. 2 e 3 della l. n. 433/1985, per avere il Tribunale patavino errato nel richiamare parametri di tipo matematico, senza considerare lo svolgimento personale e manuale dell’attività, il numero dei dipendenti (solo uno) e la tipologia di prestazioni;
  • la violazione degli artt. 2222 e 1655 c.c., avendo erroneamente il Tribunale qualificato i contratti come d’appalto d’opera e non di opera.

La decisione.

Per quanto qui di interesse, i Giudici di Piazza Cavour hanno rigettato il ricorso, dichiarando inammissibile il primo motivo.

Nello specifico, il Supremo Consesso ha richiamato ad un proprio orientamento, in forza del quale “in tema di accertamento del passivo, ai fini dell’ammissione di un credito come privilegiato, ai sensi dell’art. 2751-bis c.c., n. 5, nel testo applicabile a seguito della novella introdotta dal D.L. n. 5 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 35 del 2012, non è sufficiente l’iscrizione all’albo delle imprese artigiane in quanto essa, pur avendo natura costitutiva, costituisce un elemento necessario ma non sufficiente ai fini del riconoscimento del suddetto privilegio dovendo concorrere con gli altri presupposti previsti dalla L. n. 443 del 1985, cui la norma codicistica rinvia” (Cass. 18723/2018).

Ai fini del riconoscimento del privilegio, nell’interpretazione fornita dalla Corte, occorre altresì, anche per l’impresa individuale, la dimostrazione della preminenza del lavoro personale sul capitale, in quanto è la stessa nozione di piccolo imprenditore, desumibile dall’art. 2083 c.c., ad esigere che l’apporto del primo sia prevalente sul secondo.

In sintesi, il titolare dell’impresa deve provare “innanzitutto la prevalenza dell’impiego di energie lavorative ed apporti individuali propri nell’impresa di cui è titolare, secondo i caratteri della professionalità, della personalità e della prevalenza rispetto ad altre eventuali attività economiche”, con la conseguenza che, laddove l’attività abbia carattere misto (personale/commerciale) – come dedotto nel caso di specie – il privilegio non può essere riconosciuto.

Avv. Letizia Bortolaso