Quando la segnalazione alla Centrale Rischi può considerarsi idonea.

Cassazione Civile, Sez. I, ordinanza 26 ottobre 2020, n. 23453

0O0

La Centrale dei rischi (CR), da tenere ben distinta dai sistemi di informazione creditizia (c.d. “SIC”, gestiti da soggetti privati ad es. Crif, Eurisc, Experian, CTC, Assilea), è una “banca dati” gestita dalla Banca d’Italia che consente di ottenere una qualificazione dell’esposizione debitoria di famiglie e imprese verso il sistema bancario e finanziario, perseguendo al contempo una duplice finalità; ovvero, come rilevato dalla medesima Banca d’Italia, la CR serve ai clienti che hanno una buona “storia creditizia” per ottenere un finanziamento più facilmente e a condizioni migliori e, allo stesso tempo, si rivela utile alle banche e alle società finanziarie (e per il sistema finanziario nel complesso) per valutare la capacità dei clienti di restituire i finanziamenti concessi.

Nella CR vengono inseriti i finanziamenti (mutui, prestiti personali, aperture di credito, ecc.) e le garanzie (ricevute o concesse ad es. in qualità di fideiussori) quando l’importo (che il cliente deve restituire) supera la cosiddetta soglia di censimento di 30.000 euro (che si abbassa a 250 euro se il cliente ha gravi difficoltà nel pagare il suo debito, ossia è in sofferenza). Banche, società finanziarie e altri intermediari (es. società di cartolarizzazione dei crediti o società veicolo, la Cassa Depositi e Prestiti, etc), che concedono finanziamenti e garanzie o ricevono garanzie (o acquistano da altri intermediari finanziamenti o garanzie già registrati) sono tenuti “per legge” a partecipare alla CR con l’invio di informazioni.

La CR non è -o almeno non dovrebbe essere considerata o utilizzata al pari di- una lista di cattivi pagatori in quanto fotografa la “storia creditizia” dei singoli clienti, sia con informazioni positive (regolarità del pagamento delle rate, regolare chiusura del rapporto di finanziamento) sia con eventuali informazioni negative che riguardano essenzialmente le difficoltà, più o meno gravi, nel restituire il debito.

Proprio con riferimento a questi ultimi profili si pongono i problemi oggetto della presente breve analisi.

Il cliente in ritardo nel pagamento di una rata non deve essere automaticamente classificato come soggetto in “sofferenza”, cioè come debitore in grave difficoltà e, ciò, in quanto per essere qualificato tale deve essere valutata la sua situazione creditizia/finanziaria complessiva e così la sua capacità finanziaria di rientro, alla luce di tutte le informazioni disponibili.

In tale scia si inserisce da ultimo la recente pronuncia della Corte di legittimità (Cassazione Civile, Sez. I, ordinanza 26 ottobre 2020, n. 23453) che nel confermare quanto precede -peraltro già fatto proprio dall’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia- ha espressamente rilevato che “la mera sussistenza di un inadempimento, oppure di uno stato d’illiquidità non strutturale ma meramente contingente, o ancora di un mero ritardo nei pagamenti, trattandosi di situazioni che, ove non risultino correlate ad un’oggettiva difficoltà di far fronte alle proprie obbligazioni, determinano un rischio certamente attuale, ma sostanzialmente generico per il recupero del credito” risultano, quindi, inidonei “…. a giustificare la segnalazione …”.

Pertanto, ciò che realmente rileva al fine di considerare pienamente legittima una segnalazione è la corretta analisi della situazione concreta nel suo complesso rivelandosi del tutto inidonea una segnalazione basata, ad esempio, sulla mera scopertura o sul ritardo nei pagamenti.

La decisione

La Corte di legittimità, nel confermare la sentenza di appello impugnata, ha ribadito che “… In tema di segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia, questa Corte ha costantemente affermato che l’appostazione del credito a sofferenza, richiesta dal punto 1.5 delle istruzioni impartite agl’intermediari creditizi con la circolare n. 139 del 1991 (nel testo, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, aggiornato al 22 giugno 2004), non può essere fatta discendere dalla sola analisi dello specifico o degli specifici rapporti in corso di svolgimento tra la singola banca segnalante ed il cliente, ma implica una valutazione della complessiva situazione patrimoniale di quest’ultimo: l’accostamento tra “stato d’insolvenza” (anche non accertato giudizialmente) e “situazioni sostanzialmente equiparabili”, risultante dalla lettera della predetta disposizione, ha indotto infatti a privilegiare una nozione di “sofferenza” più sfumata rispetto a quella d’insolvenza prescritta dal R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 5, ai fini della dichiarazione di fallimento, escludendosi quindi la necessità di un giudizio d’incapienza del debitore ovvero di definitiva irrecuperabilità del credito, e richiedendosi invece una “valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come “deficitaria”, ovvero, in buona sostanza, di “grave (e non transitoria) difficoltà economica”” del debitore. In tal senso depone d’altronde, oltre alla necessità di attribuire un significato alla distinta menzione delle “situazioni sostanzialmente equiparabili” allo stato d’insolvenza, contenuta nella norma in esame, il rilievo di ordine logico secondo cui, ove lo stato d’insolvenza rilevante ai fini della segnalazione si identificasse con quello richiesto per la dichiarazione di fallimento, verrebbe meno la stessa utilità del servizio di centralizzazione dei rischi, dal momento che, potendo il debitore essere legittimamente appostato a sofferenza soltanto nel caso in cui versasse in stato di decozione, gli altri intermediari si troverebbero nell’impossibilità di attivarsi in tempo utile per cautelare la propria posizione. La funzione della segnalazione non è infatti collegata alle procedure concorsuali, ma alla gestione ed all’analisi del rischio di credito, consistendo, come si evince dal punto 2 delle istruzioni, nella creazione di un sistema informativo sull’indebitamento della clientela, volto a fornire agl’intermediari partecipanti un’informativa utile, anche se non esaustiva, per la valutazione del merito di credito della clientela. In quest’ottica, è stata esclusa innanzitutto la rilevanza della mera sussistenza di un inadempimento, oppure di uno stato d’illiquidità non strutturale ma meramente contingente o ancora di un mero ritardo nei pagamenti, trattandosi di situazioni che, ove non risultino correlate ad un’oggettiva difficoltà di far fronte alle proprie obbligazioni, determinano un rischio certamente attuale, ma sostanzialmente generico per il recupero del credito, e quindi inidoneo a giustificare la segnalazione; si è reputata altresì ininfluente l’eventuale insussistenza di un’oggettiva previsione di perdite, affermandosi che la sofferenza può sussistere anche nel caso in cui il patrimonio del debitore lasci ancora intravedere, pur nel contesto della sua negatività, margini oggettivi di rientro (magari attraverso mezzi non del tutto “normali”), dal momento che ciò che conta è la chiara e documentabile esigenza che allo stato detto patrimonio non si affidi alla previsione di una capacità di rientro “sicuro”: significativa, in proposito, è la precisazione contenuta nelle istruzioni, secondo cui la sofferenza può essere ritenuta sussistente “indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’azienda”, nonchè dall’esistenza di eventuali garanzie, reali o personali, poste a presidio di crediti (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. I, 6/12/2019, n. 31921; 9/07/2014, n. 15609; 12/10/2007, n. 21428). …”.

Nondimeno, la Cassazione ha avuto modo altresì di precisare -in ciò in parte criticando la pronuncia della Corte di Appello- che, come innanzi accennato, l’analisi deve essere fedele alla realtà dei fatti e pur sempre attenere alla situazione concreta e complessiva in quanto “ai fini del riscontro della predetta capacità” deve sempre operarsi una specifica indagine “… in ordine alla consistenza del patrimonio della debitrice ed alle sue disponibilità finanziarie …” evitando, ove possibile, di accertarne “la sussistenza in via sostanzialmente presuntiva, attraverso un iter logico fondato sulle stesse vicende del rapporto …”.

Clicca qui per leggere la sentenza completa.

Avv. Martina Tognolo