Con ordinanza del 23 aprile 2020 il Tribunale di Grosseto ha accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto da un dipendente nei confronti dell’azienda per vedersi riconosciuto il diritto, alla luce della normativa emergenziale di ultima pubblicazione, ad eseguire la propria prestazione lavorativa in modalità c.d. di “smart working”.

Nello specifico, il lavoratore – affetto da una grave patologia polmonare che aveva determinato a suo carico il riconoscimento di un’invalidità civile per la riduzione permanente della sua capacità lavorativa e di ritorno da un periodo di malattia – lamentava alla luce dell’art. 39, secondo comma, D.L. n. 38 del 2020 che il datore di lavoro aveva illegittimamente rifiutato di adibirlo al lavoro cd. agile nonostante tutti i colleghi del suo reparto lo fossero già stati e che per contro l’azienda invece si era limitata a prospettargli come unica soluzione cui poter ricorrere nel suo caso il ricorso alle ferie “anticipate”, da computarsi su un monte ferie non ancora maturato.

La Società si costitutiva in giudizio adducendo quale giustificazione a fondamento della mancata concessione dello smart working in favore del singolo il fatto di aver proceduto alla scelta dei soggetti da collocare in lavoro agile all’epoca in cui il ricorrente si trovava in malattia e trovandosi, in seguito, nell’impossibilità di modificare l’organigramma del personale cui era consentito lavorare in remoto, salvo affrontare costi significativi in termini economici ed organizzativi in generale.

Il Giudice del Lavoro, dopo aver bollato le argomentazioni della Società come “poco credibili”, ha voluto “analizzare la portata, rispetto alla vicenda in esame, delle previsioni in tema di lavoro agile dettate dalla recente normativa d’urgenza e in particolare quella di cui all’art. 39 D.l. 18/2020”.

E al riguardo, dopo aver riconosciuto come “tutta la normativa straordinaria ed urgente cerca di coniugare la salvaguardia dell’attività lavorativa … con le esigenze di tutela della salute e di contenimento della diffusione dell’epidemia” e come “in tale contesto, il ricorso al lavoro agile, disciplinato in via generale dalla legge 22 maggio 2017, n. 81, è stato considerato una priorità”  – specialmente con riferimento  ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacita’ lavorativa – afferma “la promozione del godimento delle ferie appare, del resto, una misura comunque subordinata – o quantomeno equiparata, non certo primaria – laddove vi siano le concrete possibilità di ricorrere al lavoro agile e il datore di lavoro privato vi abbia fatto ricorso.”

Il provvedimento in esame, con il quale il Tribunale ha chiarito quale sia l’effettivo ruolo e importanza da riconoscere allo “smart working” in un simile contesto emergenziale, risulta se possibile di ancor maggior interesse ove si presti luogo alla precisazione cui, sul finire, dà luogo il Giudice.

Precisazione, di carattere temporale, secondo la quale “non è possibile accedere ad una tutela, che trova il proprio fondamento nell’attuale legislazione emergenziale, con estensione più ampia di quella che la stessa legislazione prevede e consente”.

 

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Avv. Francesco Chiappetta

NexumLegal – Dipartimento di Diritto del Lavoro