PRIVACY E VIDEOSORVEGLIANZA:

 PUO’ IL CONSENSO DEI DIPENDENTI SANARE LE IRREGOLARITA’ DEL DATORE DI LAVORO?

Quando si possono installare impianti di videosorveglianza nei luoghi di lavoro?

È noto che l’art. 4 della legge 300/1970 prevede il divieto dell’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità d          i controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.

Il secondo comma dello stesso articolo prevede che gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possano essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, a seguito di autorizzazione dell’ispettorato del lavoro.

Il caso della sentenza n. 50919/2019 della Cassazione.

La Corte di Cassazione si è espressa sul ricorso presentato da un datore di lavoro condannato, dal Tribunale di Milano, a pagare una sanzione amministrativa per avere installato all’interno del proprio locale aziendale un impianto di videosorveglianza in assenza di un preventivo accordo sindacale ovvero della autorizzazione della sede locale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Per porre riparo alla situazione, l’imprenditore aveva chiesto agli organi periferici dell’Ispettorato competente il rilascio della autorizzazione e della liberatoria da parte dei dipendenti in forma scritta, solo dopo che l’installazione delle telecamere era stata prontamente effettuata.

Validità del consenso dei dipendenti.

La Corte di Cassazione, in armonia con la legge n. 300/1970, ha sottolineato che per installare la videosorveglianza sul posto di lavoro sia necessario il consenso preventivo delle organizzazioni sindacali e che non basti il consenso scritto dei dipendenti.

Infatti, la Suprema Corte ha evidenziato che l’interesse collettivo sotteso alla disciplina statutaria sull’installazione delle telecamere o di altri strumenti da cui possa derivare il controllo a distanza sull’attività dei lavoratori, impedisce di attribuire ai singoli dipendenti, benché il consenso sia stato espresso dalla totalità delle persone che prestano la propria attività in azienda, la facoltà di sanare eventuali irregolarità del datore di lavoro.

Secondo la Corte, dunque, il consenso o l’acquiescenza che il lavoratore dipendente potrebbe, in ipotesi, prestare o avere prestato, non svolge alcuna funzione esimente, non essendo nel caso descritto la condotta del lavoratore riconducibile al paradigma generale dell’esercizio di un diritto, trattandosi della disposizione di una posizione soggettiva a lui non spettante in termini di esclusività.

Conclusione.

Al fine di garantire la legittimità dell’istallazione dell’impianto di videosorveglianza e per evitare l’applicazione di sanzioni amministrative la Suprema Corte indica:

  • che il datore di lavoro debba sempre raggiungere un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali o le relative commissioni interne al fine di procedere all’installazione dell’impianto di videosorveglianza nei locali aziendali;
  • che il consenso dei dipendenti, anche se prestato dalla totalità degli stessi, non è sufficiente a costituire un’esimente.

Dott. Andrea Manca