CORONAVIRUS: SOSPESA PER SEI MESI LA LIBERAZIONE DELL’IMMOBILE PIGNORATO

La Legge n. 27/2020 di conversione del D.L. n. 18/2020, c.d. Cura Italia, ha introdotto l’art. 54-ter rubricato “Sospensione delle procedure esecutive sulla prima casa” disponendo che:

«Al fine di contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, in tutto il territorio nazionale è sospesa, per la durata di sei mesi a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’articolo 555 del codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore».

A ben vedere, la norma sospende radicalmente, anche se per il periodo limitato di sei mesi dall’entrata in vigore della legge (ossia sino al 30 ottobre 2020), solo uno dei tre tipi di espropriazione, rispondendo ad una specifica finalità che, lato debitoris, ben si comprende nella grave crisi emergenziale in corso: la salvaguardia dell’abitazione del debitore (anziché il suo patrimonio).

Tuttavia, sembra essere divenuta prassi recente del legislatore quella di generare confusione anziché chiarezza negli operatori del diritto che si trovano a dover maneggiare in concreto la materia.

Non può non darsi atto, infatti, di un’evidente mancanza di coordinamento tra la rubrica della norma, in cui si parla di “prima casa”, ed il precetto della stessa, in cui si fa riferimento all’ “abitazione principale”.

La prima dizione, invero, presuppone la titolarità di un diritto dominicale (o altro diritto reale da cui scaturisca il possesso del bene) che non connota, invece, imprescindibilmente la seconda, connessa ad una situazione fattuale ed alla destinazione per esigenze vitali abitative.

Per “abitazione principale”, come si legge nel dossier parlamentare della legge di conversione che riprendere in tutta evidenza la disciplina fiscale, si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari, dimorano abitualmente (ai sensi dell’art. 10, comma 3-bis del D.P.R. n. 917 del 1986).

Dunque, secondo un’interpretazione coerente con i lavori preparatori della norma, sembrerebbe preferibile affermare che è necessario che l’immobile pignorato sia destinato a soddisfare le esigenze abitative del debitore (da solo o con nucleo familiare), indipendentemente dalla residenza anagrafica dello stesso in altro luogo, che potrebbe essere solo formale in quanto non coincidente con quella effettiva da accertarsi caso per caso.

È bene osservare che, ai fini della sospensione ex art. 54 ter, la necessaria anteriorità della adibizione dell’immobile a casa principale del debitore è l’antefatto del processo esecutivo e deve necessariamente essere ancora sussistente al momento dell’entrata in vigore della L. 27/2020  (30 aprile 2020) poiché, in caso contrario, il vincolo correlato a monte al pignoramento finirebbe per essere scardinato a valle da un atto di disposizione del debitore.

Nel caso in cui siano pignorati anche beni diversi dall’abitazione principale del debitore, l’esecuzione resta sospesa relativamente al solo immobile e prosegue per gli altri beni.

La sospensione ha ad oggetto qualunque attività o adempimento (di udienza o extra udienza) del processo esecutivo fino al decreto di trasferimento e che sia funzionale alla liquidazione del bene: non decorreranno, pertanto, i termini posti per legge o su ordine del giudice a carico delle parti, degli ausiliari e dell’aggiudicatario.

Restano, invece, esclusi dalla sospensione in parola tutti gli adempimenti e le attività privi di contenuto esecutivo ovvero non strettamente funzionali all’espropriazione forzata, come gli atti di carattere conservativo e di gestione del cespite pignorato.

Ebbene, è chiaro che le conseguenze di questa disposizione di carattere eccezionale e temporanea, che incide sulle procedure esecutive attualmente in corso, avranno un riverbero negativo nel sistema socioeconomico.

Invero, questa sospensione porta con sé, da un lato, il ritardo per i debitori nel saldo del proprio debito e, dall’altro, quello per i creditori nel rientro, quantomeno parziale, del dovuto.

Dott.ssa Letizia Bortolaso