RESPONSABILITA’ DATORIALE PER I CONTAGI DA COVID-19 – FINALMENTE L’INTERVENTO LEGISLATIVO: L’ ART. 29-BIS DEL D.L. 8 APRILE 2020, N. 23 INTRODOTTO IN SEDE DI CONVERSIONE

Con la recentissima Legge 5 giugno 2020, n. 40 (“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”) il legislatore è (direi finalmente) intervenuto su un tema particolarmente delicato e di assoluta rilevanza; tema che da tempo agita ogni Datore di Lavoro, figuriamoci in quest’ultimi giorni in cui le imprese si accingono alla piena ripresa dell’attività produttiva.

Ma riepiloghiamo. Sin dall’inizio della pandemia gli operatori economici hanno reiteratamente manifestato le proprie preoccupazioni in merito alle possibili responsabilità, gravanti sui datori di lavoro, nell’ipotesi in cui i propri dipendenti avessero contratto l’infezione da COVID-19 durante l’esecuzione della prestazione lavorativa.

Tali timori traevano fondamento:

  • dal generale obbligo datoriale di adottare e predisporre tutte le misure “…necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” impiegati presso la propria organizzazione produttiva (cfr. art. 2087 del Codice Civile), la cui violazione può esser fonte di responsabilità civile per l’evento lesivo subìto dal dipendente;
  • dalla specifica indennizzabilità da parte dell’INAIL del contagio da Coronavirus sofferto in occasione dell’attività lavorativa, quale ipotesi espressa di “infortunio lavorativo” (cfr. art. 42, comma 2 del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, con le precisazioni successivamente poste in essere con successiva circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020).

Sulla scorta delle due disposizioni ora richiamate, i primi interpreti avevano ritenuto che il Datore di lavoro potesse essere chiamato a rispondere civilmente dell’infezione contratta dai propri lavoratori subordinati “on the job”, sulla base della mera verificazione del contagio.

E se non sussistevano dubbi sulle responsabilità dell’imprenditore rimasto inadempiente all’onere di dare attuazione alle misure di prevenzione individuate nei protocolli anti-contagio, non appariva del tutto chiaro quale rilevanza potesse invece attribuirsi alla diligente implementazione di tali prescrizioni da parte del datore di lavoro.

Tant’è che, per evitare il diffondersi di un panico generalizzato, in mancanza di un intervento legislativo lo stesso INAIL aveva di fretta dovuto chiarire  che “il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente delle infezioni di origine professionale solo se viene accertata la propria responsabilità per dolo o per colpa”.  (comunicazione INAIL del 15 maggio 2020).

Ebbene, per ciò che riguarda la responsabilità civile, in sede di conversione del cd. Decreto Liquidità è finalmente arrivato l’intervento legislativo da più parti invocato.

E difatti, in sede di conversione il legislatore, introducendo l’art. 29-bis, rubricato appunto “Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19” ha fugato ogni residuo dubbio stabilendo che “i datori di lavoro…adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del Codice Civile” attraverso l’applicazione delle prescrizioni e l’adozione delle misure contenute nel Protocollo di autoregolamentazione del 24 aprile 2020 e negli “…altri protocolli e linee guida” richiamati dal cd.  Decreto Rilancio”.

Ai sensi del medesimo articolo, inoltre, “…[q]ualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”. 

In tal modo, il legislatore ha finalmente chiarito come l’efficace applicazione dei protocolli e delle linee guida può valere ad escludere ogni responsabilità civile del Datore di lavoro per l’eventuale infezione contratta dal dipendente, fermo restando il diritto di quest’ultimo alla prestazione assicurativa da parte dell’INAIL.

 

Avv. Francesco Chiappetta