NEWSALERT – SPECIALE COVID-19 – DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 22 MARZO 2020: “ULTERIORI DISPOSIZIONI ATTUATIVE DEL DECRETO-LEGGE 23 FEBBRAIO 2020, N. 6, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI CONTENIMENTO E GESTIONE DELL’EMERGENZA EPIDEMIOLOGICA DA COVID-19, APPLICABILI SULL’INTERO TERRITORIO NAZIONALE”

A distanza di una settimana dal “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” il Governo torna a parlare alle imprese con un DPCM (di questi tempi l’ennesimo), con cui, in via generale, viene ora imposta la sospensione di “tutte le attivita’ produttive industriali e commerciali, ad eccezione di quelle indicate nell’allegato 1”.

Con riferimento al contenuto del Decreto, a parere di chi scrive l’unica certezza riguarda la durata della sospensione: difatti, seppur le disposizioni del DPCM producano effetto con decorrenza dal 23 marzo 2020, il Governo si è affrettato a chiarire che “le imprese le cui attivita’ sono sospese per effetto del presente decreto” debbano completare “le attivita’ necessarie alla sospensione entro il 25 marzo 2020, compresa la spedizione della merce in giacenza” (art. 1, comma 4, DPCM).

Altrettanto non si può dire invece per l’elencazione delle attività soggette alla misura restrittiva. A mio avviso infatti individuare le medesime facendo ricorso ai codici ATECO si rivela essere una scelta discutibile.

Prima di esporre i motivi di perplessità, si ricorda che il codice ATECO è una combinazione alfanumerica che identifica una determinata attività economica (da qui AT.ECO.) a fini statistici, fiscali e contributivi; il predetto codice si compone di lettere che individuano il macro-settore economico e di numeri che rappresentano, con diversi gradi di dettaglio, le specifiche articolazioni e sottocategorie dei settori stessi.

Ciò detto, un primo elemento di confusione da parte del Governo si rinviene nel fatto che all’interno dell’Allegato 1 del DPCM in esame sono incluse sia “macrocategorie” (ad. es. “01 – Coltivazioni agricole e produzione di prodotti animali”) sia sottocategorie (ad es. “13.96.20 – Fabbricazione di altri articoli tessili tecnici ed industriali”) di attività produttive.
Questa “promiscuità” fa sì che, con riferimento ad attività riconducibili a sottocategorie molto vicine fra loro, non si comprende quale sia stato il discrimine che ha portato in un caso all’inclusione e nell’altro all’esclusione dall’elenco.

Un secondo elemento disorientante è dato da ciò che il nostro ordinamento, allorquando si è imposta la tutela di un diritto costituzionalmente protetto, è sempre stato abituato a fare riferimento al concetto di “servizi pubblici essenziali” (v. legge n. 146 del 1990) e non, invece, ad affiancare a questa categoria una minuziosa e solo apparentemente circoscritta elencazione delle attività permesse o no.

Insomma, ad oggi, in alcuni casi, non è affatto chiaro se una data attività sia sottoposta o no alla temporanea chiusura.

Lo stato di incertezza è poi acuito da una parte dalla tutt’altro che rassicurante previsione secondo la quale: “L’elenco dei codici di cui all’allegato 1 puo’ essere modificato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze” (art. 1, co. 1 lett. a) DPCM) e dall’altra dalla sibillina previsione secondo cui “restano sempre consentite … le attivita’ che sono funzionali ad assicurare la continuita’ delle filiere delle attivita’ di cui all’allegato 1” (art. 1, co. 1, lett. d) DPCM).

Se non bastasse, è notizia di oggi che arrivano segnalazioni anche in ordine a discrasie fra il contenuto di precedenti Ordinanze regionali ed il contenuto del DPCM; eventualità, questa, che sta costringendo le Autorità di volta in volta coinvolte a correre ai ripari con estemporanee rettifiche.

In conclusione, le ulteriori misure di restrizione imposte con quest’ultimo atto governativo potevano (e dovevano) essere oggetto di una più attenta riflessione.

Maggiore attenzione che, forse, avrebbe potuto estendersi anche alle tempistiche/modalità della pubblicazione dell’atto regolamentare (comunicazione DPCM avvenuta con una diretta Facebook del Presidente Conte sabato sera – pubblicazione in G.U. domenica notte a poche ore dall’inizio dell’orario di lavoro).

Avv. Francesco Chiappetta
f.chiappetta@nexumlegal.it
NexumLegal – Dipartimento di Diritto del Lavoro

Foto: Ansa