IL JOBS ACT ANCORA AL VAGLIO DELLA CONSULTA

Un altro pezzo del Jobs Act sembra destinato a cadere.

Ciò perché, con ordinanza n. 214 del 18 aprile 2019, pubblicata in G.U. n. 49 del 4 dicembre 2019, il Tribunale di Bari in funzione di giudice del lavoro ha nuovamente posto al vaglio della Consulta il meccanismo di calcolo automatico delle indennità dovute al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo.

I fatti di causa

Nello specifico, il Giudice monocratico, chiamato a pronunciarsi sulla legittimità o no del licenziamento irrogato nei confronti di una lavoratrice assunta il 5 settembre 2016:

  • dopo aver rilevato la presenza di un vizio procedurale dato dalla mancata comunicazione alla dipendente, da parte della Società, del termine entro il quale poter rendere le giustificazioni nell’ambito del procedimento disciplinare intrapreso nei suoi confronti;
  • ed una volta individuata la tutela applicabile alla lavoratrice in quella di cui all’art. 4 del d. lgs. n. 23 del 2015;
  • non procedeva alla quantificazione delle indennità spettanti ritenendo che il meccanismo di calcolo previsto dalla suddetta norma si appalesasse per più versi incostituzionale.

La questione di legittimità costituzionale prospettata

In particolare, il Tribunale, in un rigido parallelismo con il giudizio di costituzionalità a suo tempo intrapreso e risolto nei confronti dell’art. 3, primo comma, del d. lgs. n. 23 del 2015:

– se da una parte continuava ad individuare l’oggetto d’attenzione dello scrutinio di costituzionalità nel carattere “rigido” e “automatico” (in quanto basato sul solo parametro della anzianità di servizio del lavoratore) del meccanismo di calcolo delle indennità;

– dall’altra riprendeva sostanzialmente le argomentazioni a suo tempo svolte dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 194 del 2018) con riferimento al principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e al principio di ragionevolezza (in relazione agli artt. 3, 4, primo comma e 35, primo comma, Cost.).

E ciò in quanto,  secondo il Giudice di prime cure pugliese,  “le esigenze di adeguato ristoro del pregiudizio subito, di commisurazione del costo del licenziamento illegittimo anche alla capacità economica dell’impresa, di valorizzazione delle peculiarità del caso concreto, valutate dalla Consulta in relazione all’ipotesi del licenziamento illegittimo per ragioni sostanziali, non possono essere ignorate nei casi di licenziamento viziato sotto il profilo formale o procedurale, atteso che anche le violazioni procedurali possiedono diverse gradazioni di gravità, e anche un licenziamento illegittimo per questioni di forma può produrre pregiudizi differenziati in base alle condizioni delle parti, all’anzianità del lavoratore, alle dimensioni dell’azienda”.

Un finale scontato(?)

Come anticipato, la risposta al quesito sottoposto alla Corte Costituzionale sembrerebbe scontata, atteso che già in un recente passato la Consulta è stata chiamata a decidere se fosse o no conforme a Costituzione calcolare le indennità spettanti al lavoratore illegittimamente licenziato soltanto sulla base della anzianità di servizio, risolvendo negativamente la questione.

Senonché, forse, dall’ordinanza in commento era lecito aspettarsi qualche argomentazione nuova e diversa “nel merito”, per giustificare a distanza di così poco tempo la promozione di questo nuovo giudizio di legittimità costituzionale.

Tali attese poi sembravano tanto più giustificate ove si consideri il passaggio dell’ordinanza in commento in cui il Tribunale afferma che “la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 3, comma 1, non [può] spiegare effetti immediati e diretti sulla norma applicabile al presente procedimento [ossia, l’art. 4 del d. lgs. n. 23 del 2015]” anche “perché alcune delle argomentazioni espresse dalla Consulta a sostegno della declaratoria di illegittimità dell’art. 3, comma 1, fanno riferimento a … [una] ipotesi diversa da quella qui in discussione”.

Argomentazioni nuove che però, a parte un passaggio sul diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., non si rinvengono nell’ordinanza in commento, considerato che il Giudice di prime cure si è limitato a riprodurre acriticamente i passaggi fondamentali della precedente sentenza della Consulta.

In conclusione, seppure sia identico il meccanismo di calcolo delle indennità di cui agli artt. 3 e 4 del d. lgs. n. 23 del 2015, è diverso il contesto in cui il medesimo è chiamato ad operare. Con la conseguenza che, magari, sarà la Corte Costituzionale a rilevare una qualche diversità e a fornire argomentazioni nuove a sostegno della sua decisione.

Avv. Francesco Chiappetta

 

Foto: Ansa